venerdì 26 ottobre 2012

Non capisco se c'è la nebbia o manca tutto il resto.

Italia a pezzi
   A volte basta un incipit: una nota, un profumo, una parola e come una calamita attira a sé scritti che non stavi neanche ad immaginare fino a qualche minuto prima.
   Quindi, eccomi qua a scrivere di non so cosa, di non so chi, ma un qualcuno mi ha spinto a farlo senza volerlo. Ora lo potete anche ringraziare. Io apprezzerò.
   Ma nonostante ciò, credo che ci sia un qualcosa di sbagliato, di profondamente sbagliato. Ma non nel spingermi a scrivere, per carità. Ma c'è qualcosa di sbagliato nel sistema, alle basi di ogni cosa o persona che ci gira intorno. C'è qualcosa di sbagliato che noi sappiamo che non è giusto ma che ci va bene così com'è. E' sbagliato, ma non è sbagliato; perché se lo fosse, noi dovremmo fare qualcosa per riparare e, sinceramente non ci va' proprio.
   Ci lamentiamo nella speranza che qualcuno si alzi da quella sedia e faccia il lavoro al posto nostro, ci lamentiamo per far aprire gli occhi agli altri ma noi preferiamo far credere di avere le mani legate.
   Nel mentre siamo riusciti a farci un dare un prezzo alla felicità, alla nostra felicità: sono tremilacinquecento euro netti al mese. Per vivere tranquillo in un Paese dove se sei gay ti fanno organizzare i matrimoni ma non ti permettono di sposarti; dove se sei omosessuale ti fissano schifati, ma se ti puzzano le ascelle nessuno ti dice nulla. Per vivere in un Paese dove se dici una bugia sei un falso, ma se ne dici cento, allora si, sei un pacifista; dove, dopo millenni di filosofia c'è gente esaltata per "stay hungry, stay foolish"; dove non c'è più una destra e sinistra, ma c'è sopra e sotto e il problema più grande è che quelli che stanno sopra sono cinque volte di più di quelli che stanno sotto. Un Paese che è stato inghiottito dal mostruoso apparato digerente dell'indifferenza.
   Dobbiamo cercare di seguire un ordine, qualunque esso sia, per pulire gli errori fatti da qualcuno e ricominciare a vivere su nuove basi. E se, è anche vero che, l'ordine alfabetico dice prima io e poi tu, e ci ha portato fino a qui, magari dobbiamo riconsiderare anche l'alfabeto e farlo uno tutto nostro. Per non rischiare di rimanere un popolo potenziale.
 
 
 


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