lunedì 24 dicembre 2012

Buon Natale!

buon natale   Ok, ci siamo. Oggi si festeggia la compagnia del bambinello che è giunta al check-in nella grotta di Betlemme. Nelle case c'è chi osserva il suo regalo di Natale, sotto l'albero da giorni, per cercare di capire cosa possa essere, per non rimanere impreparati in eventuali situazioni imbarazzanti di regalo doppio; c'è poi chi non si fida e preferirebbe cambiare pacco; e chi, invece, ha ancora dei dubbi.
   Dubbi su Gesù, su questa festa e su tutto quello che gli gira attorno. Dubbi leciti per carità, ma vi posso assicurare che è esistito, credo ci siano prove inconfutabili in merito. Solo che, non è che tra duemila anni trovano i libri di Harry Potter e ci credono?
 

giovedì 6 dicembre 2012

Pensiero del mattino (2)

Una mattina di sorrisi, occhi stropicciati, sogni riposti e speranze messe in fila per scegliere la corda a cui verranno impiccate. Magre consolazioni.

venerdì 30 novembre 2012

Il mondo 2.0

   Potrebbe essere una benedizione rimanere ignoranti davanti ai problemi del mondo, ma ciò non è più possibile. La tecnologia ha alterato ogni distanza culturale, che fisica: muoiono 12 persone vittime di un attentato a Falluja e è come se accadesse nella tua sala da pranzo. Abbiamo una cittadinanza digitale.
   Questa più ampia conoscenza del mondo consideriamola come un bene e, soprattutto, sfruttiamola al massimo delle sue possibilità, abbiamo accesso ad una molteplicità di informazione mai avuta prima, senza fare tanta fatica, direttamente seduti dalla poltrona di casa; leggiamo un po' a destra e un po' a sinistra, facciamo un nostro ragionamento e otteniamo la nostra verità.
   Perché ognuno di noi deve averla, e non per forza deve avere una bandiera o un partito a rappresentarla per stare nel giusto.

giovedì 29 novembre 2012

L'Italia vista da un romano

   Questo signore romano mi lascia ben poco altro da aggiungere, a modo suo non lascia spazio all'immaginazione.

lunedì 26 novembre 2012

La fine del mondo

   Muri sporchi d'ombre. Tende sporche di lampioni. Il 21 dicembre 2012 è dietro l'angolo, la scusa della profezia dei Maya si avvicina e tutti ci vogliono credere. Almeno non devono disturbarsi di tirarsi fuori da questo disordine di valori che abbiamo intorno a noi. Una specie di rassegnazione alla superficialità.
   I soldi non ci sono, è vero, ma è una scusa che usiamo per convincerci che siamo inermi. Ci sono tante cose che si possono cominciare a fare senza spendere un centesimo. Prendiamo in mano il nostro tempo, smettiamo di lamentarci, di vittime (quelle vere) ce ne sono già abbastanza. Affrontiamo i problemi con lucidità. Stiamo vicini a chi ne ha bisogno, e leggete. Leggete tanto. Leggete chi volete: Charles Dickens, Lev Tolstoj, Charles Bukowki; la scelta è ampia, purché oltre alla tecnica abbia anche un'anima che evochi sentimenti ed immagini.
   Sono piccoli passi, ma sono sicuramente in avanti, per non ritrovarci un 22 dicembre 2012 con il sapore della fregatura in bocca.
 

martedì 20 novembre 2012

Uno dei tanti (5)

   La storia di oggi è quella di Patrizia. Trentenne, modella di professione e un sorriso stampato in faccia che sa' di felicità ritrovata. La gente felice profuma di buono, dice. Capelli lunghi e castani, raccolti in una semplice coda nella quale però si concentra tutta la grazia del mondo.
   E' andata via di casa che era appena maggiorenne, in pochi sanno dove è adesso. E ancora di meno se lo sono chiesti. A lei non piace essere trovata, e nessuno si sta impegnando più di tanto a cercarla. Se la tira, dicono di lei bocche invidiose.
   La sua bellezza gli fa da scudo dai ragazzi che vorrebbero avvicinarla. E' sola. Nella sua testa immagina risate leggere, fiumi di parole, un tavolo per due e tempo fermo intorno; ma loro questo non lo sanno, non lo possono sapere. A vederla da fuori direi anche io: "è troppo".
   Se qualcuno ora la sta cercando, la può trovare in una sala d'attesa di un ospedale di Madrid. E' lì, seduta che incrocia le lunghe gambe magre, il suo sorriso ora trema. Sconosciuti la guardano, sognano chissà cosa. Forse non vedrà Natale. Intorno a lei, piove indifferenza.

giovedì 15 novembre 2012

Pensiero del mattino

   Buongiorno gente. Sotto una coperta di nuvole, fuori buio e freddo, una giornata da illuminare. Il sole oggi ha la nostra stessa voglia di alzarsi. Un altro giorno nel quale farete un altro passo verso la realizzazione dei vostri desideri. Dateci dentro!

sabato 10 novembre 2012

Camerata Pino Rauti

Funerale Rauti
   Silenzio. E' con questo che volevo iniziare. Con il silenzio. Il silenzio di chi gli viene calpestato il piede da uno più grosso, ma sta zitto per paura di prenderle; il silenzio di chi sa' di aver torto; il silenzio di chi non poteva non sapere; il silenzio di chi preferisce ascoltare. E il silenzio nel quale scrivo queste parole, e senza far rumore entrano nella tua vita...
   Il 2 novembre (un giorno a caso), per i pochi che ancora non lo sapessero, è scomparso Giuseppe Umberto Rauti, o più semplicemente Pino Rauti. Per la minoranza ancora più ristretta, Pino Rauti è stato giornalista e uomo di politica, con chiare idee di orientamento di destra, dedicando un'intera vita a difenderle.
   Il mio intento qui, non è quello di polemizzare verso chi vuole denunciare l'accaduto per apologia di fascismo. E' un reato, su questo non si discute, ma il punto è: anche durante le pubbliche esequie?
   Pino Rauti era più di un semplice militante, per il resto ci sono i gadget e tutti quei sostenitori divisi in partiti, che hanno vissuto i suoi tempi o hanno raccolto l'eredità dai racconti dei più grandi, se non direttamente dai libri di storia. Cori, saluti romani, croci celtiche, fanno parte di quel patrimonio acquistato durante la formazione giovanile di tutte quelle persone che hanno vissuto accanto a lui, e in questo modo hanno deciso di ricordarlo.
   Esistono persone che credono ancora in qualcosa, in un ideale circondato di nostalgia; in un periodo politico dove di destra e sinistra ormai non vi è oramai più traccia, rimangono oramai solo i ricordi.
   ...Il silenzio di chi tende il braccio teso in segno di saluto, con il volto contratto dal dolore. Piazza Venezia torna indietro di settant'anni.

Elezioni Usa

Obama è la faccia pulita e presentabile delle cose che continuano a non cambiare.

martedì 30 ottobre 2012

Uragani: tra una curiosità e l'altra.

   
nomi uragani, passati e futuri   Chi da il nome agli uragani? Su che basi? E' vero che sono solo nomi da donna? E perché?
   Carol, Katrina, Irene, ora Sandy, tutti nomi da donna, ma chi ha buona memoria può ricordare anche Igor, Alberto, Dean. Dal 1979, infatti, esiste la par condicio anche sui nomi degli uragani (il primo uragano atlantico battezzato fu Able nel 1950).
   Alcuni nomi non si sentono per anni, altri tornano ciclicamente (Sandy torna a distanza di sei anni), e alcuni vengono cancellati e non usati mai più.
   Ogni anno, vengono attribuiti agli uragani ventuno nomi propri, in una lista alfabetica creata evitando cinque lettere (Q, U, X, Y, Z). Poi, dopo sei anni, si ricomincia, eliminando dalla lista i nomi degli uragani che hanno provocato morti e danni gravi: addio a Alberto, e Katrina del 2005 che distrusse New Orleans e causò la morte di almeno milleottocento persone. Tanto per citarne alcuni.
   Quando un nome viene ritirato, il Wmo (World Meteorological Organization) ne sceglie infatti un altro.
   Sarà un caso, ma i maschilisti più accaniti ci tengono a far presente che l'uragano "donna" provoca più danni.
   Ora, il destino di Sandy è nelle sue stesse mani, ma qualcosa fa pensare che il Wmo abbia già materiale a sufficienza per depennare.

lunedì 29 ottobre 2012

Scene di vita narcotizzanti e di battiti cardiaci in aumento

   
ponte rotto
   Prima o poi mi abituerò a questa interminabile serie di vuoti e di ritorni, riuscirò a restare più a lungo nei luoghi che inizio ad amare, forse così sarò capace di misurare meglio il tempo, di capire quanto ne è già trascorso e quanto me ne rimane. E' ancora così difficile, infatti, riuscire a parlare di tempo. Non mi appartiene. Nella mia vita non c'è oggi, né ieri, né domani, è tutto fuso insieme. A volte, però, mi capita di riuscire a sentirlo scorrere, veloce e incessante. Il mio tempo ha un rumore preciso, sordo, lontano, indescrivibile, o almeno è quello che a me sembra di percepire. Quel rumore è seguito da interminabili silenzi nei quali non trovo più alcun punto di riferimento. Riguardo alla mia condizione fisica, anche se di questo, dai luoghi in cui mi trovo, non è certo facile parlare, sono riuscito a capire che un corpo ce l'ho ancora, anche se questo ha smesso, non so per quale motivo, di vibrare e di muoversi. 
   Ho imparato a conoscere un altro mondo, un universo che credo di aver portato sempre con me, ma che mi sembra di conoscere solo adesso. Lentamente, ricordo di aver iniziato a sentire qualcosa, o almeno così mi è sembrato. Il cuore, i suoi battiti, lenti, costanti e il mio respiro, i suoi soffi, hanno accesso le flebili luci di questo ambiente desolato. La mia mente ha cominciato così a tornare, ma assestando ogni pensiero, ogni sensazione ad un livello troppo basso, troppo debole, ma pur sempre vivo. I miei occhi sono chiusi e insensibili, così come le orecchie, il naso, la bocca. Le mani sembrano scomparse e non riescono ad entrare in contatto con nulla. Tutto sembra aver interrotto qualsiasi comunicazione. Tra me e il mondo esterno è come crollato un ponte che attraversavo di continuo, avanti e indietro. Nonostante io inizi a scorgere da molto lontano quello che sta oltre, devo accettare che tutto ciò rimane irraggiungibile e inafferrabile. 
   A volte, però, qualcosa attraversa velocemente il tratto di strada rimasto in piedi, prende una forte rincorsa e salta. Quando piomba dall'altra parte, dalla mia parte, nella mia mente, si confonde, si svuota tutto. Quello che resta, seppur confuso e isolato da tutto, lo conservo, in attesa del momento in cui io stesso riesca a ricreare la giusta sequenza degli eventi della mia vita. 
   Da quando la mia mente si è debolmente riaccesa, ho provato con tutto me stesso a risollevarmi, a ritornare, a riprendere le forze. Tutto inutile finora. In un primo tempo mi sono rassegnato, ma adesso qualcosa sta cambiando, ora credo di aver trovato una possibile via d'uscita. I salti su quel ponte si sono ripetuti più volte, sono diventati più frequenti. Sulla superficie della mia stanca mente sono riaffiorati alcuni nuovi elementi. L'oblio e il buio cercano di incessantemente di travolgermi, di portarmi via con loro; devo fare di tutto per ricordarmi come sono arrivato qua. In questo modo, forse, potrò rimpossessarmi di me e tornare al mondo che ho lasciato fuori da qui. Proverò a sfruttare il mio sonno perpetuo e i miei continui viaggi. Mi sforzerò di riempire i luoghi che mi appaiono ancora vuoti, offuscati. Userò i pezzi di quel passato che oggi riesco solo a intravedere. Per iniziare mi servirò di quello che è rimasto nella memoria del mio naso, della mia bocca, delle mie orecchie, delle mie mani, dei miei occhi, di questi sensi che non sembrano più appartenermi, ma che so essersi conservati, intatti. Appaiono come spenti, rimangono immobili, ma hanno conservato le tessere di un puzzle che spetta a me ricomporre. Partirò dal luogo in cui mi trovo adesso, da questo mare calmo, teatro delle mie rigeneranti soste.
   Lo guardo ancora per un'ultima volta, sapendo quanto ciò che sta per iniziare sia importante per salvarmi. Forse la mia ultima occasione.
   La luce si spegne, lentamente. D'un tratto è di nuovo buio, un buio assoluto.

domenica 28 ottobre 2012

Pensiero della notte (2)

L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro: lasciatemelo almeno sognare. Il mondo sembra migliore di notte. Forse perché si pensa, non si guadagna. Notte gente.

venerdì 26 ottobre 2012

Non capisco se c'è la nebbia o manca tutto il resto.

Italia a pezzi
   A volte basta un incipit: una nota, un profumo, una parola e come una calamita attira a sé scritti che non stavi neanche ad immaginare fino a qualche minuto prima.
   Quindi, eccomi qua a scrivere di non so cosa, di non so chi, ma un qualcuno mi ha spinto a farlo senza volerlo. Ora lo potete anche ringraziare. Io apprezzerò.
   Ma nonostante ciò, credo che ci sia un qualcosa di sbagliato, di profondamente sbagliato. Ma non nel spingermi a scrivere, per carità. Ma c'è qualcosa di sbagliato nel sistema, alle basi di ogni cosa o persona che ci gira intorno. C'è qualcosa di sbagliato che noi sappiamo che non è giusto ma che ci va bene così com'è. E' sbagliato, ma non è sbagliato; perché se lo fosse, noi dovremmo fare qualcosa per riparare e, sinceramente non ci va' proprio.
   Ci lamentiamo nella speranza che qualcuno si alzi da quella sedia e faccia il lavoro al posto nostro, ci lamentiamo per far aprire gli occhi agli altri ma noi preferiamo far credere di avere le mani legate.
   Nel mentre siamo riusciti a farci un dare un prezzo alla felicità, alla nostra felicità: sono tremilacinquecento euro netti al mese. Per vivere tranquillo in un Paese dove se sei gay ti fanno organizzare i matrimoni ma non ti permettono di sposarti; dove se sei omosessuale ti fissano schifati, ma se ti puzzano le ascelle nessuno ti dice nulla. Per vivere in un Paese dove se dici una bugia sei un falso, ma se ne dici cento, allora si, sei un pacifista; dove, dopo millenni di filosofia c'è gente esaltata per "stay hungry, stay foolish"; dove non c'è più una destra e sinistra, ma c'è sopra e sotto e il problema più grande è che quelli che stanno sopra sono cinque volte di più di quelli che stanno sotto. Un Paese che è stato inghiottito dal mostruoso apparato digerente dell'indifferenza.
   Dobbiamo cercare di seguire un ordine, qualunque esso sia, per pulire gli errori fatti da qualcuno e ricominciare a vivere su nuove basi. E se, è anche vero che, l'ordine alfabetico dice prima io e poi tu, e ci ha portato fino a qui, magari dobbiamo riconsiderare anche l'alfabeto e farlo uno tutto nostro. Per non rischiare di rimanere un popolo potenziale.
 
 
 


mercoledì 17 ottobre 2012

Uno dei tanti (4)

   La storia di oggi è di Marco. Non è vero, questo non è proprio il suo nome ma gli piacerebbe chiamarsi così, cioè, gli piacerebbe che gli altri lo chiamassero così.
   Da quando ha deciso per Marco, molti, indifferenti al suo desiderio continuano a chiamarlo con il suo vero nome; ma lui, da quel giorno, semplicemente non risponde. E' da un po' di tempo che non lo chiama più nessuno.
   Oltre al nome gli sarebbe piaciuto cambiare anche la faccia e, perché no, anche vita. Forse per questo, nascondeva il suo viso dietro ad un grande paio di occhiali da sole, che lasciano all'immaginazione dei più, quale sia il colore dei suoi occhi. C'è chi dice azzurri, ma le dicerie sono tante.
   Di questo mondo gli piace poco o niente, e quel poco è tutto nei ricordi di quelle uscite serali con i suoi amici. Vite che sembravano destinate a continuare ad intrecciarsi tra loro, si sono fatte dividere da forze invisibili in così poco tempo.
   Ora, i suoi sogni da bambino li ha raccolti, fino a quanto era possibile, in un garage sulla spiaggia con vista mare dove ripara motorini per i ragazzi del paese, senza che nessuno viene mai a riparare lui.

lunedì 15 ottobre 2012

Succede nel mondo...

felix baumgartner, record   Quella che c'era una bella atmosfera l'ha già scritta qualcuno?
   Dalla stratosfera alla storia. Felix Baumgartner, un nome che se non fosse stato per l'impresa di Domenica, seguita da milioni di persone da tutto il mondo, nessuno si impegnerebbe a pronunciarlo.
   Trentanovemila metri in caduta libera, superando la velocità del suono e atterrando sul New Mexico come se fosse stata una passeggiata. In questo test, sono tre i record battuti: l'altezza massima raggiunta da un pallone aerostatico con equipaggio, l'altezza maggiore di un lancio da pallone aerostatico e la velocità massima raggiunta da un uomo in caduta libera.
   La tecnologia avanza. La targa RedBull è ben illuminata.

sabato 13 ottobre 2012

Uno dei tanti (3)

tempo, vita   La storia di oggi è quella di Roberto. Padre di due figli e sposato con una donna che gli è sempre stata vicino. Operaio da sempre, vittima del suo destino da poco. Due ore circa.
   La sua cartella clinica non è incoraggiante e le mani in cui ha messo la sua vita non sono proprio le migliori. Dottori che di pazienti ne vedono molti, per loro Roberto non è che uno dei tanti. 
   Quaranta sono gli anni vissuti, almeno altrettanti quelli che la sua visione ottimistica gli voleva ancora far vivere. Due sono quelli che gli presenta la cruda realtà. Ci sarebbero cure da poter sperimentare, ma niente è assicurato. Roberto non ha scampo.
   La visione della vita in queste circostanze ti cambia in modo netto e radicale. Pensi e capisci di quanto tempo hai perso, di quante cose hai rimandato dicendo per ora, per un po', per il momento. Tutti periodi di tempo indecifrabili che iniziano quando li pronunciamo ma che non hanno una fine, molte volte è per pigrizia di non volerci pensare, altre invece è per mancanza di coraggio, di aver paura di un qualche sconvolgimento che turbi il proprio stato di equilibrio. 
   Ma Roberto non ci crede. Si sente bene e domani andrà a lavoro. Passerà, dice.
   Passano invece sei mesi. Bastano quelli per fargli cambiare idea. La situazione è precipitata tutta insieme. Il treno di Roberto si ferma qui. Medici e famigliari sono intorno a lui, pensando a come sia arrivato al capolinea, così in fretta, in una stazione buia con un treno senza freni, andando avanti senza potersi fermare mai, senza fare tappe o soste nei piaceri della vita. Quaranta anni fa gli è stato consegnato, a sua insaputa, un treno veloce, uno di quelli che non si ferma davanti a niente, che calpesta sentimenti, che t'inganna, che ti fa viaggiare in prima classe e poi sul più bello ti fa scendere. Il suo compito era solo quello di arrivare a fine corsa, prendere un'altra vita e ripartire per viaggi più o meno lunghi. Quelli poi, sono solo particolari.
   Questa è la storia di uno di noi, che ha capito troppo tardi il senso della vita. Moglie e bambini piangono. I medici discutono per chi, il giorno seguente, dovrà spiegare al paziente di domani di non rimandare i suoi impegni per più di sei mesi. 
   Il ragazzo ha poco più di vent'anni. Va' all'università e pensa a cosa fare da grande.
   Bella la vita.

giovedì 11 ottobre 2012

Uno dei tanti (2)

aereo, decollo, tramonto   La storia di oggi è quella di Lisa. Torinese quasi per caso, precaria per forza. Una vita da pendolare tra Bologna e Torino per aspirare ad una busta paga da neanche mille euro, un abbonamento del treno che pesa come un macigno, una laurea in economia che non gli fa neanche curriculum, e una voglia matta di evadere. E' una dei tanti.
   Arrivata alla soglia dei cinquanta ha deciso di andarsene. Se ne va perché da un orecchio non ci sente quasi più, perché i suoi capelli stanno diventando tutti bianchi; se ne va perché ha passato più della metà della sua vita senza che sia mai successo niente di interessante.
   Stufa di trattenere emozioni e rischiare di inciampare in qualche rimpianto, ha deciso di emigrare dall'altra parte del mondo. Per il sogno americano non è mai troppo tardi. Serviva un atto di forza, non di tenerezza; il momento delle caramelle al miele oramai fa parte del passato.
   Lì, ora, viene coccolata e il suo stipendio è fatto su misura per lei. La felicità è più vicina; il suo paese, i suoi cari, più lontani. Questa è la storia di una di noi, non riuscita a trattenere fra le nostre mura, abbiamo preferito dire: è così che funziona.

lunedì 8 ottobre 2012

Uno dei tanti

gente, noi, voi   La storia di oggi è di Michele. Un ragazzo sulla trentina, un lavoro come impiegato che non coincide perfettamente con i suoi sogni da bambino, e il calcetto di giovedì alle nove. E' uno dei tanti.
   Michele ama il gioco d'azzardo, vuole costruire certezze, un futuro, con l'istinto; e l'istinto gli dice di rischiare, di provare, di fare ancora un altro giro perché se lasci stare, poi alla prossima andrà bene. E' sempre così. La volta buona è sempre quella dopo, quella che deve arrivare ma che in pochi hanno saputo raccontare.
   Lui è uno di quelli che ha perso troppi treni ma continua ancora ad aspettare; uno che ama stare in bilico ma continua a programmare.
   Lasciato solo a lottare contro i suoi vizi è diventato povero. Povero e pazzo. Pazzo da legare ad una nuova vita che nessuno gli darà. Povero da non potersi permettere neanche una seconda chance.
   Ora il giovedì alle nove rimane a casa. Michele non sta bene e può essere contagioso, meglio chiamare qualcun'altro.
   Questa è la storia di uno di noi. Ma sta lì, in mezzo a tutti voi, e non ve ne accorgete neanche.

domenica 7 ottobre 2012

Pensiero della notte

Viene chiamata notte, una fase che si alterna alla luce del sole dove la gente chiude gli occhi, non pensa, forse sogna, a volte emette strane parole e rumori strani. Perde tempo così. 

Marchi(ati) a vita

   CocaCola, Nivea, Daygum, Apple, Sony, Lete, Tempo, Philips, Samsung,  Eastpak, Nokia, Pritt.
   Stanotte, come ogni notte, dormirò circondato da marchi come questi. Domani alcuni finiranno buttati, altri sostituiti, altri ancora utilizzati, alcuni perfino spolverati. Altri verranno presi dall'armadio ed indossati, altri messi a lavare. Alcuni finiranno mangiati ed in parte evacuati dopo qualche ora. I marchi segnano le nostre giornate, il consumo controlla la nostra vita ed è inutile millantare rivoluzioni, navigare nelle ideologie o spremersi per trovare una soluzione. E' così che gira il mondo al momento, ed è così che è diventato dopo secoli di "progresso". A breve ci ritroveremo con un codice a barre stampato sul sedere ed attorno al cranio una linguetta per l' "apertura facile".
   Individualismo ed imperialismo, ambizione e controllo hanno strozzato ogni naturale equilibrio e reso l'uomo prepotente, arrogante. Una creatura a sé, sopra tutte le altre, e complessivamente nociva per il pianeta e per se stesso.
   Ammetto che da qui si potrebbe cadere con facilità in puro disfattismo fine a sé stesso. E pensandoci è di questo che si tratta, anche se il fine c'è, almeno per me. Scrivere mi concilia il sonno. Per voi, e con voi intendo chiunque abbia letto fino a questo punto, magari senza sforzarsi di capire che marchio sia "Pritt", beh, per voi può essere stato in qualche modo utile, spero.       
   Magari come spunto di riflessione, magari come ulteriore prova della mia instabilità mentale. In realtà neanche mi importa davvero.
   Perché ho pubblicato questo post allora? Mi piace rileggermi, nel tempo libero faccio il narcisista.

venerdì 5 ottobre 2012

Una commovente storia d'amore


birra, ceres   Al passeggiava sconsolato sul lungofiume della città, rodendo e sbuffando dall'interno come una vecchia stufa a carbone. Poi ad un tratto gli occhi gli si illuminarono, e un lampo sembrò colpirlo in volto tanto che il suo sguardo si accese e la sua espressione imbronciata scomparve del tutto. 
   A pochi passi, su una panchina affacciata sul fiume, una bionda solitaria scrutava l'orizzonte e la sua bellezza risplendeva alla luce del tramonto. Avvicinandosi man mano Al poté ammirarne le forme e l'elegante vestito corto dall'aria vintage, pieno di colori e che lasciava intravedere le spalle e buona parte del collo. La panchina era lunga e Al non ci pensò due volte a sedersi all'altra estremità, con il garbo e la disinvoltura che lo distinguevano dagli altri.
   Passarono diversi minuti in cui la bionda rimase lì, silenziosa, mentre Al le lanciava sguardi sempre più insistenti e piano piano, con delicatezza, scivolava sulla panchina verso di lei. Poi di colpo cominciò a parlare, e non si fermò più. Le raccontò praticamente tutta la sua vita, e mentre lei ascoltava silenziosa lui sentiva di stare davvero per innamorarsi, frase dopo frase, aneddoto dopo aneddoto, confessione dopo confessione. Non aveva mai parlato così liberamente con nessuno prima. Poi allungo il braccio dietro la panchina quasi ad abbracciarla, finendo praticamente accanto a lei. Continuò a chiacchierare in un'atmosfera magica, mentre la sentiva sempre più vicina, ed il suo cuore batteva all'impazzata finché in un momento di silenzio le labbra non si cinsero. Sentì caldo e fluido quell'amore dirompente scivolargli per la gola e riempirgli l'animo, risvegliando sensazioni e passioni sopite.
   Ce l'aveva fatta, aveva trovato l'amore di cui aveva bisogno. Si fermò un attimo, e la guardò con soddisfazione. - Ah, finalmente...Amore. Disse fra sé il buon Al. Poi fece un ultimo sorso e la gettò nella differenziata. Era calda e sgasata, e sapeva anche un po' di piscio di gatto, ma di quelle bionde così ci si innamora davvero subito. 
   Tornando a casa ne comprò una cassetta intera e fecero l'amore tutta la notte.

Come scrivere un libro

notte   Il mondo ora tace, dorme. Mi piacerebbe pensare che sono sveglio per seguire l’esempio di Karl Kraus quando scriveva “la stupidità dorme, io vado al lavoro”, ma no, non è per quello. Non dormo semplicemente perché non ho sonno.
   Quindi tanto vale rendermi utile e darti qualche dritta. Si a te, ce l'ho con te futuro artista. Perché saper scrivere è un'arte e chi scrive di conseguenza è un artista. O no?
   Allora, arriviamo al dunque. Ho letto da qualche parte che per fare un bel libro bisogna “entrare nelle viscere” di chi legge. Immagino che sia una questione di armonie, stile, parole, suspense e chissà quante altre cose, forse troppo complicate per me. Ma magari non per te. Quindi segui, che la cosa si fa interessante.
   Leopardi scrive “Mancare assolutamente di sistema (qualunque esso sia), è lo stesso che mancare di un ordine di una connessione d’idee, e quindi senza sistema, non vi può esser discorso sopra veruna cosa” [949, Zibaldone]. Sistema, ordine, non caos, non disordine. Si entra nelle viscere attraverso un metodo, una strategia. Prima si pensa a come disporre il pezzo sulla scacchiera, poi si muove. Prima si pensa a fare la guerra, poi la si fa.
   Dunque strategia. Per entrare nelle viscere di chi legge ci vuole una strategia, bisogna portarlo dove si vuole fin dall'inizio. Che atroce pensare che tanti scrittori abbiano premeditato di fregare i loro lettori. E da quella fregatura ci guadagnano pure dei soldi, se non è un’assurdità questa, dove la si deve cercare? Quindi, sì alle armonie, sì allo stile, ecc, ma tutto con una strategia, con un metodo, con un sistema come consiglia Leopardi. Non si pensa solo alla storia, non si pensa solo a come scriverla, non si pensa solo a scriverla bene, bisogna scriverla avendo bene in testa dove si vuole condurre il lettore.
   Ed è proprio questo che dovrebbe creare la “dipendenza” dalla storia. Anzi, ne sono sicuro, è così. A questo punto mi viene il sospetto che sia esattamente così anche nei sentimenti. Sì la creatività, sì l’istinto, ma non siamo tutti più o meno machiavellici?

giovedì 4 ottobre 2012

Splash


penna, blog, scritturaSplash. Funziona sempre così: ti butti di testa, senza pensarci più di tanto. Cominci con aprire un blog e senza neanche accorgertene ti trovi a reputare interessante qualsiasi cosa ti passi per la testa. Cominci a scrivere di quello che mangi e di come va mangiato. Di quanto ha piovuto. Della tipa che ti ha sorriso. Di come quel colloquio ti ha messo ansia, ma poi alla fine ce l'hai fatta. Che vorresti una vacanza. Che hai finito le sigarette. La donna che vorresti, la musica che ascolti.  Poi ti prende la sindrome del sociale. Ti improvvisi politico, teologo, antropologo, animalista, sessuologo, ecologista, vegetariano, antisemita. Inventi fenomeni a cui dai tu stesso il nome, proponi modelli di vita, vomiti punti di vista. Alzi i toni mentre scrivi di crisi economiche, guerre, primi ministri. Poi sdrammatizzi con battute, parodie, riferimenti cinematografici, satira domestica. Dici che il mondo è un posto sporco. Pubblichi foto di polli senza ali, volpi imbalsamate, cuccioli abbandonati. Bambini morti di fame. Poi diventi malinconico. Ti siedi in riva al mare e scatti foto in bianco e nero ai paesaggi, ai gabbiani, al tuo cane che rincorre la palla. Alla tua chitarra. Alle tue scarpe sporche. Poi torni a casa e le aggiungi al tuo blog. Crei album con titoli che evocano nostalgia di nulla di definito. Scrivi in inglese perché la tua lingua non la senti efficace. Dici che andrai all'estero perché nel tuo paese non vedi prospettive. Parti entusiasta e torni più drogato di prima, ma convinto che tutti dovrebbero fare come te. Che tutti dovrebbero volare via e conoscere gente nuova.  
   E all'improvviso non scrivi più come prima.
   Non dai più fiato alla bocca. Ragioni diversamente. Ti senti superiore. Leggi cose che un tempo avresti criticato apertamente, ma rimani in silenzio. Non intervieni nelle discussioni, non pubblichi più foto. T'inorridisci sentendo di dittature immorali, scandali politici, truffe dello stato, ma ti contieni. Scrivi poche parole. Commenti mirati.
   Hai aperto la mente. Non hai bisogno di nuotare di nuovo nella pozza degli indignati. Con buona parte di loro non ti va più di confrontarti, non senti di trarne alcun beneficio. Spesso ti infastidiscono. Ormai non sei più come loro. Non sei la stessa persona che aveva aperto il blog. Non auguri una generica buonanotte al mondo, ora il mondo lo schifi davvero.
   Ti pesa sullo stomaco come un ammasso di merda che prima o poi speri di riuscire ad espellere nel bagno di un pub. Di solito.
   Di solito va così. Ma non è una certezza assoluta, quindi io intanto parto. Voi seguitemi. Magari invece di un pub sarà un lussuoso ristorante in centro, e lì si che ci sarà da divertirsi.