lunedì 29 ottobre 2012

Scene di vita narcotizzanti e di battiti cardiaci in aumento

   
ponte rotto
   Prima o poi mi abituerò a questa interminabile serie di vuoti e di ritorni, riuscirò a restare più a lungo nei luoghi che inizio ad amare, forse così sarò capace di misurare meglio il tempo, di capire quanto ne è già trascorso e quanto me ne rimane. E' ancora così difficile, infatti, riuscire a parlare di tempo. Non mi appartiene. Nella mia vita non c'è oggi, né ieri, né domani, è tutto fuso insieme. A volte, però, mi capita di riuscire a sentirlo scorrere, veloce e incessante. Il mio tempo ha un rumore preciso, sordo, lontano, indescrivibile, o almeno è quello che a me sembra di percepire. Quel rumore è seguito da interminabili silenzi nei quali non trovo più alcun punto di riferimento. Riguardo alla mia condizione fisica, anche se di questo, dai luoghi in cui mi trovo, non è certo facile parlare, sono riuscito a capire che un corpo ce l'ho ancora, anche se questo ha smesso, non so per quale motivo, di vibrare e di muoversi. 
   Ho imparato a conoscere un altro mondo, un universo che credo di aver portato sempre con me, ma che mi sembra di conoscere solo adesso. Lentamente, ricordo di aver iniziato a sentire qualcosa, o almeno così mi è sembrato. Il cuore, i suoi battiti, lenti, costanti e il mio respiro, i suoi soffi, hanno accesso le flebili luci di questo ambiente desolato. La mia mente ha cominciato così a tornare, ma assestando ogni pensiero, ogni sensazione ad un livello troppo basso, troppo debole, ma pur sempre vivo. I miei occhi sono chiusi e insensibili, così come le orecchie, il naso, la bocca. Le mani sembrano scomparse e non riescono ad entrare in contatto con nulla. Tutto sembra aver interrotto qualsiasi comunicazione. Tra me e il mondo esterno è come crollato un ponte che attraversavo di continuo, avanti e indietro. Nonostante io inizi a scorgere da molto lontano quello che sta oltre, devo accettare che tutto ciò rimane irraggiungibile e inafferrabile. 
   A volte, però, qualcosa attraversa velocemente il tratto di strada rimasto in piedi, prende una forte rincorsa e salta. Quando piomba dall'altra parte, dalla mia parte, nella mia mente, si confonde, si svuota tutto. Quello che resta, seppur confuso e isolato da tutto, lo conservo, in attesa del momento in cui io stesso riesca a ricreare la giusta sequenza degli eventi della mia vita. 
   Da quando la mia mente si è debolmente riaccesa, ho provato con tutto me stesso a risollevarmi, a ritornare, a riprendere le forze. Tutto inutile finora. In un primo tempo mi sono rassegnato, ma adesso qualcosa sta cambiando, ora credo di aver trovato una possibile via d'uscita. I salti su quel ponte si sono ripetuti più volte, sono diventati più frequenti. Sulla superficie della mia stanca mente sono riaffiorati alcuni nuovi elementi. L'oblio e il buio cercano di incessantemente di travolgermi, di portarmi via con loro; devo fare di tutto per ricordarmi come sono arrivato qua. In questo modo, forse, potrò rimpossessarmi di me e tornare al mondo che ho lasciato fuori da qui. Proverò a sfruttare il mio sonno perpetuo e i miei continui viaggi. Mi sforzerò di riempire i luoghi che mi appaiono ancora vuoti, offuscati. Userò i pezzi di quel passato che oggi riesco solo a intravedere. Per iniziare mi servirò di quello che è rimasto nella memoria del mio naso, della mia bocca, delle mie orecchie, delle mie mani, dei miei occhi, di questi sensi che non sembrano più appartenermi, ma che so essersi conservati, intatti. Appaiono come spenti, rimangono immobili, ma hanno conservato le tessere di un puzzle che spetta a me ricomporre. Partirò dal luogo in cui mi trovo adesso, da questo mare calmo, teatro delle mie rigeneranti soste.
   Lo guardo ancora per un'ultima volta, sapendo quanto ciò che sta per iniziare sia importante per salvarmi. Forse la mia ultima occasione.
   La luce si spegne, lentamente. D'un tratto è di nuovo buio, un buio assoluto.

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